Un cervello è qualcosa di estremamente complesso. Una mente è ancora più complessa. Probabilmente è a causa di questo che in psicopatologia, tranne alcuni casi, non disponiamo di un modello unico e completo che ci permetta di descrivere nel dettaglio come si sviluppi una patologia psichiatrica. Mettendo da parte cause esclusivamente biologiche, centrali in alcune patologie, ci sono alcuni fattori relazionali che aumentano il rischio per la mente di ammalarsi ed è importante sottolineare che non tutti sono traumi, almeno non nel senso classico. L’idea che una persona si ammali come conseguenza diretta e lineare di un evento traumatico è una semplificazione della realtà, che rischia di sottovalutare altri aspetti che incidono meno sul momento, ma deleteri nel lungo periodo. Descriviamo ora, in termini generali e in sequenza cronologica, come si possa sviluppare una relazione disfunzionale tra il bambino e la sua figura di attaccamento e vediamo le sue conseguenze nello sviluppo.

L’elemento iniziale è la dissintonia diadica, ovvero una perdita della sintonia nella relazione. Nella diade madre-figlio, infatti, si creano delle sequenze di scambi in cui è necessario mantenere un equilibrio armonico come in una sinfonia. E’ sufficiente poco perchè il ritmo si spezzi, ad esempio non rispettando il tempo (timing) dell’intervento. Un caso tipico è quello di un genitore ansioso che tampona le angosce del bambino prima ancora che lui le esprima. L’intervento sarà percepito come intrusivo e amplificherà la sensazione di pericolo o di impotenza. Oppure, nel caso di un intervento tardivo, il bambino viene supportato troppo tardi, quando ha ormai gestito il problema in altro modo. In tal caso, l’intervento verrà percepito come inadeguato e potrebbe generare risposte di rabbia. Quindi il punto di partenza è che il genitore non è competente nel riconoscimento e nel rispecchiamento dei bisogni del bambino. Le carenze sono un altro fattore classico di patologia. Con carenze si intendono i deficit nel sistema di accudimento del bambino e di corrette esperienze emotive nella relazione, come la trascuratezza. Il deficit può essere non solo di qualità ma anche di quantità ( eccesso vs scarsa attenzione). Un altro elemento cruciale è l’invalidazione emotiva.

Questi cicli relazionali, ripetuti nel tempo, sono veri e propri abusi psicologici che, sebbene differenti da abusi sessuali o maltrattamenti fisici, non sono meno incisivi sulla crescita. Questo contesto interpersonale porterà il bambino ad una riduzione nell’ espressione delle sue emozioni, sviluppando di ripiego una serie di comportamenti di tipo autoregolatorio (es. isolarsi e cercare di non essere nè visto nè sentito etc. ) oppure eteroregolatorio (provocatorio, ostile pur di avere attenzioni etc.) perdendo completamente la fiducia nelle negoziazione, che è invece il perno di una relazione sana. Da qui, tutto quell’insieme di sintomi depressivi o di acting out comportamentali che si osservano in molto disturbi dell’età evolutiva. In una condizione simile il bambino non sarà inoltre capace di conoscere i suoi stati interni ma li vivrà come minacciosi ed estranei e quindi o li sopprimerà o agirà direttamente al solo fine di scaricare la tensione somatica dell’emozione. Questa incapacità di riconoscere ed accogliere i propri stati emotivi è il nucleo centrale attorno a cui gravitano tutte le moderne teorie sulla genesi e lo sviluppo della patologia in età evolutiva.

Con il tempo e la reiterazione di queste strategie, il bambino sarà quindi estraneo a sè stesso. Non riuscirà a regolare le emozioni, non avendo internalizzato un modello equilibrato di comportamento, nè saprà gestire lo stress. Svilupperà una vera e propria rigidità di funzionamento, delle life-traps che purtroppo sono destinate a cronicizzarsi visto che sono il solo modo che il bambino ha conosciuto per relazionarsi con l’ambiente esterno. Spesso ci si ammala perchè non si è imparata una buona alternativa ed ecco perchè è necessaria la psicoterapia. Perchè essa è una vera e propria relazione correttiva, dove il paziente impara a riconoscere quelli che sono i suoi bisogni e le sue necessità, ad esprimerle senza essere rifiutato per questo e a cercare strategie più efficaci per soddisfarle.