Un trauma cranio-encefalico (TCE) si definisce come una condizione clinica caratterizzata da un danno all’encefalo causato da una forza fisica esterna rapida, improvvisa e violenta con coinvolgimento delle funzioni cognitive, neurosomatiche e comportamentali. La causa di un trauma cranico più frequente e studiata è l’incidente stradale ma sono diffuse anche altre cause quali cadute al suolo, ferite penetranti da arma da fuoco etc. A oggi, il TCE da incidente stradale è tra gli eventi epidemiologici più problematici, coinvolgendo milioni di giovani, ma anche anziani e bambini nel mondo. Le dinamiche dell’evento e la sua gravità sono di vario tipo (in primis le onde d’urto e le dinamiche di accelerazione e decelerazione nell’incidente) e possono associarsi o meno a danni microstrutturali (danno assonale diffuso e disfunzioni nella neurotrasmissione) o macrostrutturali come emorragie, ematomi o contusioni. Tra i danni da impatto più frequenti vi è la commozione cerebrale, ovvero lo scuotimento violento dell’encefalo e l’alterazione funzionale che ne risulta e la contusione, in cui invece vi è oggettiva deformazione del tessuto cerebrale rilevabile tramite indagine strumentale. Possono esservi danni immediati associati all’evento come ipossia o shock ipovolemico, oppure danni a distanza dall’evento, quali ipertensione endocranica o idrocefalo secondario. Il sommarsi di tutti questi eventi determina una serie di danni assai spesso diffusi più che focali, motivo per cui le sindromi neuropsicologiche associate a TCE spesso risultano complesse e con deficit cognitivi a carico di differenti funzioni. A causa delle dinamiche dell’incidente stradale, le aree più spesso traumatizzate sono quelle più a contatto con le pareti interne della teca cranica, quindi aree fronto- temporali a livello basale e dei poli. A causa del tipo di danno è frequente riscontrare nei pazienti deficit da sindrome multicomponenziale a livello dei sistemi distribuiti, in primis di quelli attentivi.

I TCE sono suddivisibili in almeno due grandi macrogruppi in base alla presenza e livello di compromissione in tre parametri. Nei TCE lievi tendenzialmente vi è un poca o assente compromissione della vigilanza del paziente, la durata dell’eventuale coma è ridotta nel tempo (< 30 minuti) e l’amnesia post traumatica, ovvero l’incapacità di ricordare eventi delle precedenti 24 ore, dura meno di 24 ore. Nei TCE più gravi vi è notevole compromissione della vigilanza del paziente, spesso in stato comatoso che supera le 24 ore e con amnesia post traumatica della durata superiore ad una settimana.

Per quanto riguarda il quadro clinico neuropsicologico, nei TCE vi è tendenzialmente un danno cognitivo lieve che può rientrare talvolta in maniera autonoma nel decorso, a conferma della benignità del quadro. Non raramente, però, si osserva la cosiddetta sindrome soggettiva post traumatica o disturbo post-concussivo, ovvero una condizione clinica caratterizzata da una serie di sintomi riferiti di tipo psicosomatico (cefalea, vertigini etc), emotivo (irritabilità, labilità, ansia, scarsa tolleranza della frustrazione), e cognitivo (iperdistraibilità e smemoratezza) a fronte della negatività dei reperti obiettivi. Da punto di vista della vita quotidiana la persona risulta spento e viene descritta dai familiari come diversa dal passato, spesso riportando difficoltà relazionali. Malgrado le iniziali interpretazioni eminentemente psicogene, oggi si sa tramite evidenza neuroradiologiche e neuropsicologiche, che vi è oggettiva disfunzione cerebrale in questi pazienti, sebbene questo non escluda del tutto il ruolo di fattori di tipo psicologico. La testistica neuropsicologia evidenzia, infatti, difficoltà nel problem solving, nelle capacità attentive ed esecutive e più in generale una minore efficienza nel processamento di informazioni, che può talvolta causare più compromissione in soggetti in cui vi era un alto livello di capacità di elaborazione. I TCE lievi sono quelli in cui la valutazione neuropsicologica è forse più complessa e sottovalutata, in quanto mentre nei casi più gravi vi è sempre una valutazione al fine di pianificare un trattamento riabilitativo, nei casi lievi spesso tale aspetto è sottovalutato limitandosi ad osservare il recupero delle altre funzioni del paziente.

Nei TCE gravi, il decorso post traumatico si articola in più fasi, in cui il funzionamento cognitivo e la compromissione del paziente possono variare in relazione a numerosi fattori interferenti. Nelle fasi iniziali il paziente può avere una compromissione più o meno grande della coscienza, passando dall’assenza di risposta ad uno stato minimamente conscio, con risposte incostanti e semplici richieste. Successivamente si manifesterà comportamento finalizzato fino a riavere risposte adeguate nell’ambito ospedaliero e a casa, ma persistono una superficiale consapevolezza e comportamenti automatici, con autonomia limitata alla cura personale. In fase avanzata, l’evoluzione del profilo cognitivo-comportamentale è tale da permettere al paziente di essere sottoposto ad esame neuropsicologico, permettendo di rilevare i deficit che, per molti aspetti, corrispondono agli esiti in fase di stabilizzazione e di cronicità. Nella maggior parte di TCE gravi da incidente stradale si osservano sindromi frontali, caratterizzate in primis da disturbi significativi a carico dell’esecutivo centrale, in primis disturbi dell’attenzione e disturbi di memoria, in particolare nell’uso di strategie per la codifica e nel recupero di informazioni (confabulazione). A questo si possono associare disturbi linguistici da scarsa organizzazione qualitativa del linguaggio e inadeguatezza del comportamento pragmatico, disturbi dell’ideazione e della formulazione del discorso e disturbi del problem solving. I disturbi comportamentali rappresentano una delle complicazioni più comuni nel TCE grave e sono caratterizzati da un’importante presenza di sintomi negativi, quali apatia, mutismo, demotivazione, distrabilità, indifferenza e sintomi positivi, quali impulsività, agitazione, irritabilità, aggressività, fatuità e regressione della personalità quadro comportamentale quasi infantile con scarsa capacità di autoregolazione emozionale.

Come si valuta il danno cognitivo nel trauma cranico? La valutazione neuropsicologica precede, in linea di massima, tre momenti distinti e successivi tra loro.

– Una prima fase in cui si ricostruisce l’evento traumatico. Tramite i reperti obiettivi è possibile ricostruire i danni encefalici subiti e quelli prodotti da complicanze. Queste permette di stabilire la presenza o meno di danno nel parenchima cerebrale o nelle connessioni e spesso di orientarsi nella valutazione neuropsicologica stessa, inquadrando anche a gravità del quadro clinico.

-In seguito vi è l’intervista del paziente e almeno una persona significativa, tramite cui inquadrare la sintomatologia post-traumatica, la condizione premorbosa, il profilo globale e la percezione di eventuali cambiamenti cognitivi e nel comportamento affettivo-relazionale nel quotidiano.

– La terza e ultima parte include la valutazione formale ovvero la testistica neuropsicologica propriamente detta, condotta con strumenti standardizzati e validati, che indaghino le singole componenti del sistema cognitivo e restituiscano un quadro completo degli eventuali deficit a carico della varie funzioni cognitive, della regolazione emozionale e del comportamento.

In seguito alla valutazione, il clinico ha una visione d’insieme del funzionamento del soggetto e, in base ad essa, può ideare, organizzare e proporre al paziente un percorso di riabilitazione che permetta di restituire o quantomeno compensare il deficit e aumentare la capacità del paziente di vivere autonomamente la propria quotidianità, limitando il deficit nel funzionamento personale, sociale e lavorativo causato dal disturbo.